UCI, il presidente David Lappartient sulle difficoltà economiche delle squadre: “Noi il tetto al budget l’avevamo proposto, ma sono state proprio le più piccole a dire di no”

Quello in corso non è un inverno facile per le squadre ciclistiche professionistiche. L’Arkéa-B&B Hotels ha chiuso i battenti, facendo sparire con essa tre diverse realtà (WorldTour maschile, giovanile maschile e Professional femminile), l’Intermarché-Wanty ha dovuto confluire nella Lotto per non sparire del tutto, la Wagner Bazin WB si è autoretrocessa da Professional a Continental e, in campo femminile, la Ceratizit-WNT ha abbandonato la scena. Ciclicamente, a fronte delle difficoltà che incontrano alcune squadre nel loro percorso, sul tavolo delle discussioni torna il tema del tetto al budget da imporre alle formazioni come regola base di gestione.

A quanto pare, l’idea del limite di fondi da spendere, già presente in diverse discipline sportive, piace ai vertici federali del ciclismo mondiale. “È chiaro, ci sono le squadre più grandi che hanno budget molto rilevanti – le parole del presidente dell’Unione Ciclistica Internazionale, David Lappartient, in un’intervista concessa a Ouest-France – Così, se prima ti bastava una somma relativamente modesta per raggiungere risultati importanti, oggi con quella somma ti tocca stare a guardare. Noi avevamo considerato l’introduzione di un limite ai budget per tutte le squadre, ma, paradossalmente, sono state proprio le squadre a non volerlo“.

L’idea iniziò a essere discussa nel 2024, quando l’UCI fece sapere che “il principio di un tetto di spesa era stato approvato internamente”. Lappartient aggiunge: “Fui molto sorpreso dal fatto che erano state proprio le squadre più piccole a rifiutare la proposta. La mia opinione è che abbiano sbagliato, perché, arrivati al punto in cui siamo ora, sembra necessario un intervento che possa livellare le forze in campo. Non capisco perché votare contro, se poi ritengono che il modello finanziario su cui si basa il ciclismo debba cambiare”.

Il dirigente francese spiega che “con la regola del tetto alle spese in vigore, se una squadra andasse oltre quel tetto, si ritroverebbe a dover pagare una multa che verrebbe poi ridistribuita alle altre formazioni e ci sarebbe quindi un meccanismo di regolazione in essere. Poi, se si guarda alla storia del ciclismo, casi in cui alcune squadre dominavano ce ne sono sempre stati – aggiunge Lappartient – Basta pensare al Tour de France 1986, quando i corridori de La Vie Claire fecero primo (Greg Lemond), secondo (Bernard Hinault), quarto (Andrew Hampsten) e settimo (Niki Rüttimann) nella classifica finale”.

Lappartient considera che “probabilmente, all’epoca, quello che spendeva quella squadra era, in proporzione, ben di più rispetto a quello che spende ora la UAE Emirates XRG. Non sto dicendo che sia giusto, ma che ci sono sempre state squadre con maggiori risorse rispetto alle altre. L’obiettivo di fondo deve essere quello di regolare, almeno un po’, le cose. E io rimango convinto che il tetto al budget sia uno dei mezzi per raggiungere questo fine”.

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