Italia, Fabio Aru: “I commenti sugli ingaggi mi hanno ferito, ho dato tutto e nessuno deve permettersi. Qualcuno mi ha tradito e non lo scordo”

Fabio Aru fa un primo bilancio a posteriori della sua carriera. Il corridore sardo, infatti, ha deciso di appendere la bici al chiodo al termine della scorsa volta e, dopo aver già detto che non prenderà decisioni sul suo futuro prima del 2022, si è concentrato sul passato. In un’intervista rilasciata all’Unione Sarda. il vincitore della Vuelta 2015 è partito dai momenti di festa come Natale e Capodanno in cui poteva solo guardare gli altri mangiare (sottolineando che ora potrà concedersi tante delle buonissime specialità sarde) fino ai momenti difficili che hanno seguito il suo passaggio dall’Astana alla UAE fino al durissimo attacco nei suoi confronti di Giuseppe Saronni durante il Tour 2020.

I commenti sugli ingaggi mi hanno ferito: ho sempre lavorato duro, con rinunce e sacrifici. Avrei capito certe critiche se mi fossi adagiato. Ma se do tutto quel che ho nessuno deve permettersi – è uno dei punti che ci ha tenuto a chiarire – Diffidente? Avrei dovuto esserlo. A 26 anni ero una sorta di azienda con cento impegni oltre gare e allenamenti. Mi sono fidato di alcuni collaboratori. Mi hanno tradito e non scordo. Le parole di Saronni al Tour 2020? Il direttore sportivo può dire e pensare ciò che vuole. come chiunque. Ma ha sbagliato i tempi: ero a terra e mi ha schiacciato”.

Il classe ’90 ha rivelato di avere trovato invece un ambiente ideale nella sua ultima squadra: “”All’Astana non ci siamo venuti incontro, ma non sono stato un pazzo. Nei tre anni all’Uae sarei un ipocrita a negare che sia stata dura. Stavo male, mi chiedevo perché non andassi, ho subito l’intervento. I problemi del 2017 non me li aspettavo e mi hanno segnato. Ma sono rinato alla Qhubeka: ho trovato un ambiente ideale senza invidie. Mi sono sentito in famiglia, se avessi continuato sarei rimasto con loro”.

Nel suo racconto, poi, l’ormai ex corridore della Qhubeka Nexthash ha parlato dei ricordi più belli alle gare che ricorrerebbe fino al momento più difficile in gara: “Dieci anni da prof, sono stato 8 al mondo e chiudo da 168. Tanti flash, ma che fatica! Di certo, non scordo Montecampione, prima vittoria da professionista: ho capito che ero arrivato dove volevo. Ricorrerei la gara delle Olimpiadi di Rio. Ero in buona forma, non buonissima, sono arrivato sesto. Ma avevo i mezzi per ambire al podio. ogni tanto sono arrivato a odiare la bicicletta: quando vuoi dei risultati e non li ottieni, è frustrante. Episodio chiave? Facevamo il Giro di Lugano, mancavano 25 chilometri al rientro a casa. Mi sono fermato, ho pensato di buttare letteralmente la bici nel lago. Per qualche giorno sono stato male”.

Dopo aver sottolineato di aver ricevuto bei messaggi al momento del suo addio da colleghi del calibro di Contador (“il mio avversario più ostinato, il più forte e completo”), Nibali, Valverde, Purito Rodriguez, Colbrelli e Ciccone, lo scalatore italiano ha risposto con un secco no all’ipotesi di un futuro in ammiraglia e non ha nascosto la paura di un cambio di dimensione, pur essendo consapevole di quello che vuole dalla sua futura occupazione: “Non so come sarà ma voglio che mi consenta di stare più tempo a casa. Ciò che è stato non ritorna e non lo dico con tristezza. La mia vita normale inizierà nel 2022: adesso merito due mesi di vacanza. Per una gara ho perso anche il viaggio di maturità con la classe a Madrid. Ho avvertito in altri colleghi la paura di mollare e cambiare vita, si va avanti anche se ci sono momenti frustranti. Ho preferito smettere prima. E mi dispiace che alla Vuelta 2021 sia stato male la seconda settimana, mi sarei potuto piazzare tra i primi dieci. Cos’ho in agenda? La vicinanza ai ragazzi della Fabio Aru Academy, la presenza al GiroSardegna (corsa che però è stata annullata) ad Alghero e la PedalAru: mi piacerebbe rifarla. Quindi, il matrimonio: Valentina, e la nostra Ginevra, mi aspettano”.

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