Le 10 Scommesse del 2020… un anno dopo

Prima che cominciasse la stagione vi avevamo presentato quelle che secondo noi erano le 10 scommesse del 2020, oggi vediamo come è andata. I nostri dieci nomi avevano situazioni molto diverse, alcuni erano chiamati a una svolta dopo anni deludenti, altri al salto di qualità dopo anni da promessa e altri ancora invece a confrontarsi con una nuova realtà. Nel bilancio è impossibile non tenere conto di quanto sia stata particolare questa stagione, con il lungo stop imposto dal coronavirus che ha sicuramente condizionato la stagione di tutti i corridori in gruppo.

Al termine dell’anno, terminata la stagione su strada, andiamo a rivedere, nello stesso ordine in cui ve li avevamo proposti, come se la sono cavata i corridori in questione. Una rapida carrellata che ci permette di capire se la decisione, loro e dei team nei quali si sono trasferiti lo scorso inverno, si sia rivelata azzeccata.

1. Nairo Quintana (Arkea-Samsic): Il lockdown è arrivato nel momento meno opportuno per lo scalatore colombiano. Forse rinvigorito dal cambio di maglia, il classe ’90 aveva cominciato la sua stagione alla grande con quattro successi (una tappa e la classifica generale sia al Tour de la Provence che al Tour des Alpes Maritimes et du Var. Qualcuno sembra intravedere nuovamente quel corridore che a soli 23 anni aveva incantato il mondo salendo sul podio del Tour, ancor di più quando a marzo vince l’ultima tappa della Parigi-Nizza, ultimo giorno di corsa per l’intero gruppo prima del lockdown. Il suo ritorno alle corse in estate è però condizionato da un’incidente in allenamento che non gli permette di prepararsi al meglio per il Tour, pur disputando un buon Tour de l’Ain, chiuso in terza posizione in classifica generale, e il Giro del Delfinato, chiuso con un ritiro. Sulle strade della Grande Boucle, poi, arriva anche una caduta che condizionerà le sue tre settimane portandolo a chiudere a Parigi con un distacco abissale da Pogacar. La sfortuna è stata quindi fattore fondamentale in una stagione che, viste le premesse, avrebbe potuto avere un epilogo sicuramente migliore.

2. Mark Cavendish (Bahrain-McLaren): L’immagine simbolo della stagione del velocista dell’Isola di Man è purtroppo quella che lo vede in lacrime al termine della Gand-Wevelgem, quando temeva che quella potesse essere l’ultima corsa della sua carriera. La sua stagione comincia subito male al Saudi Tour, dove si ritrova subito costretto a mettersi al servizio, quando ci riesce, di Phil Bauhaus (che poi vince la corsa). Le cose non vanno meglio allo UAE Tour e nemmeno nel post-lockdown, con l’esclusione dal Tour che non fa nemmeno più notizia. La sua stagione si trascina quindi senza risultati di rilievo tra Vuelta a Burgos, Giro di Polonia, Giro del Lussemburgo e Giro di Vallonia fino ad arrivare alla già citata Gand-Wevelgem, dove almeno è protagonista inserendosi nella fuga del mattino. Farà lo stesso anche alla Liegi-Bastogne-Liegi, quando poi annuncerà di voler continuare a correre anche il prossimo anno, ma al momento nessuno gli ha offerto un contratto. L’anno scorso ci chiedevamo se questo sarebbe stato l’anno della sua consacrazione o quello del definito addio all’Olimpo del ciclismo, ad oggi sembra che la seconda opzione sia quella probabile.

3. Mikel Landa (Bahrain-McLaren): Cambia tutto per non cambiare nulla. Dopo anni di leadership condivise e piazzamenti ai piedi del podio, il basco ha finalmente l’occasione per lavorare da capitano unico al Tour. Che conclude… ai piedi del podio. In ogni caso, difficile parlare di scommessa persa per lo spagnolo che prima del lockdown riesce a correre soltanto la Vuelta a Andalucia, conclusa in terza posizione, dopo aver ottenuto anche un secondo posto di tappa. Si comporta ancora meglio alla Vuelta a Burgos, prima delle sue gare post-lockdown, concludendo secondo sia nelle generale (alle spalle del fenomeno Remco Evenepoel) che nella tappa regina. Dopo Circuito de Getxo e un Giro del Delfinato corso a fari spenti, arriva il tanto atteso Tour de France. Per la prima volta ha una squadra costruita interamente intorno a lui, ma spreca l’occasione nella tappa di Méribel quando è proprio il ritmo imposto dalla sua squadra, prima con Damiano Caruso e poi con Pello Bilbao, a mandarlo in crisi. Il suo Tour si chiude comunque con un quarto posto, risultato migliore di quelli ottenuto in Movistar, ma simile a quello ottenuto nel 2017, quando però il compagno Chris Froome vinse la corsa. L’anno prossimo avrà sicuramente un’altra occasione per provare ad agguantare il podio.

4. Enric Mas (Movistar): Una stagione a dir poco sorprendente quella dello scalatore spagnolo. In casa Movistar in realtà se lo aspettavano, visto che sia Unzué che Valverde avevano dichiarato di aspettarsi grandi cose da lui, ma i risultati del 2019, quando era finito a fare il gregario ad Alaphilippe, non sembravano essere molto rassicuranti. L’ex Deceuninck, invece, si è trovato subito a proprio agio, nonostante un avvio in sordina nelle corse spagnole in primavera. Dopo il lockdown, però, arrivano i risultati più importanti con due top 10 nei due GT disputati (l’unico a riuscirci quest’anno insieme a Primoz Roglic). Al Tour de France corre in rimessa e andando spesso del suo passo, aiutato anche da un ottimo Alejandro Valverde, chiude in quinta posizione e con il secondo posto nella classifica dei giovani. Alla Vuelta, invece, lo si vede andare anche all’attacco sull’Angliru, anche se il risultato finale non cambia, ancora un quinto posto finale, a cui si aggiunge stavolta anche la maglia bianca di miglior giovane e la certezza di essere una scommessa vinta per questa stagione, con interessanti prospettive future.

5. Elia Viviani (Cofidis Solutions Credit): Per stessa ammissione dell’ex campione italiano questa è stata sicuramente una stagione deludente. Con una squadra costruita interamente intorno a lui, il veronese non è riuscito a ottenere nessun successo, anche a causa di una condizione precaria dovute alle tante cadute che hanno minato la sua stagione sin da Gennaio con la caduta al Tour Down Under. Dopo le corse australiane, ottiene un podio alla Clasica de Almeria e poi un secondo posto nella frazione inaugurale della Volta ao Algarve, prima di cominciare già a calare un po’ di prestazioni alla Parigi-Nizza. Dopo un illusorio secondo posto nella prima tappa della Route d’Occitanie, il post-lockdown non regala grandi soddisfazioni già a partire da una deludente Milano-Sanremo. Non va meglio al Tour dove fra il sesto posto della prima tappa e il quinto dell’ultima riesce a lanciarsi in volata solo una volta, nella decima tappa, chiusa in quarta posizione. Il resto sono tre settimane di sofferenze, le stesse che poi è costretto a vivere anche al Giro d’Italia (miglior risultati un quinto e un decimo posto), dove viene anche investito da una moto quasi da fermo, quasi come se il destino avesse voluto colpirlo un’ultima volta in questo deludente 2020.

6. John Degenkolb (Lotto Soudal): Difficile giudicare la stagione del corridore tedesco. Nel pre-lockdown non ci sono state molte differenze con il corridore che dopo l’incidente del 2016 non è riuscito mai a tornare al massimo livello, mentre la situazione è stata più complessa per quel che concerne il post-lockdown. Dopo un discreto avvicinamento tra Giro di Polonia e, soprattutto, Giro di Vallonia, al Tour finisce fuori tempo massimo già al termine della prima tappa a causa di un infortunio. Tuttavia, soltanto quindici giorni dopo riesce a rilanciarsi vincendo una tappa al Giro del Lussemburgo, che lo proietterà, dopo Mondiale e BinckBankTour, a dieci giorni di grande livello a fine stagione, quando chiude in top 10 Gand-Welvegem, Giro delle Fiandre e Brugges-De Panne, avvicinandosi, pur non riuscendo a raggiungerli, ai fasti di un tempo. La scommessa non è vinta, ma il finale di stagione potrebbe essere un motivo per riprovarci.

7. Daniel Martin (Israel Start-Up Nation): La scommessa era quella di tornare competitivo nei grandi giri ed è sicuramente riuscita. La prima stagione dell’irlandese alla Israel Start-Up Nation porta in dote un quarto posto alla Vuelta condito anche con un bel successo di tappa. La prima parte di stagione era iniziata con qualche piazzamento che non faceva presagire però nessuna inversione di tendenza rispetto alle ultime anonime stagioni. Nemmeno il post-lockdown era iniziato benissimo con un deludente Tour de l’Ain, un ritiro al Giro del Delfinato e un Tour de France in cui si è trovato fuori classifica già dopo la prima tappa. Ha provato a reinventarsi andando in fuga, ma i risultati sono stati alterni e soprattutto non sono arrivati successi. Poi, però, nelle Ardenne il cambio di marcia con quinto posto alla Freccia Vallone e undicesimo alla Liegi-Bastogne-Liegi, semplice antipasto di una Vuelta che, come già detto, l’ha visto grande protagonista.

8. Marc Soler (Movistar): Il salto di qualità tanto atteso non è arrivato nemmeno quest’anno. La stagione comincia bene con la vittoria di una delle prove della Challenge Mallorca. Poi nessun sussulto a Vuelta a la Comunitat Valenciana e a Vuelta a Andalusia, così come alla Vuelta a Burgos e Giro del Delfinato alla ripresa della stagione, dove non si presenta con la migliore condizione. Come dimostra anche un Tour anonimo, dove nemmeno nelle tappe in cui riesce a centrare la fuga riesce a giocarsi il successo di tappa fino in fondo. Successo di tappa che invece arriva nella seconda tappa della Vuelta, sfruttando una rara giornata in cui la Movistar riesce a fare grande gioco di squadra. Anche nel GT di casa, però, dopo aver perso anche una tappa da Gaudu sull’Alto de Farrapona, finisce con l’uscire pian piano di classifica non riuscendo nemmeno a confermare il nono posto finale della scorsa stagione.

9. Domenico Pozzovivo (NTT Pro Cycling): Il 2020 è la stagione in cui è tornato alla vita, letteralmente. Nell’agosto di un anno fa, infatti, una macchina l’aveva investito in allenamento facendogli temere per la sua vita prima e per la sua carriera poi. A 37 anni, invece, lui si è rimboccato le maniche ed è riuscito a tornare sui suoi livelli abituali. L’inizio di stagione non porta grandi risultati, ma già essere riuscito a tornare in sella a Tour de la Provence e UA Tour a febbraio è già qualcosa di straordinario vista la sua situazione di soltanto pochi mesi prima. Aiutato dal lockdown prova a mettersi in forma per il Tour, dove però ancora una volta finisce fuori causa per colpe non sue quando un tifoso lo fa cadere sporgendosi con un bastone da selfie. Prova a resistere per qualche giorno, ma alla fine è costretto ad alzare bandiera bianca per puntare tutto sul Giro d’Italia. Durante la corsa rosa fa capire di essere tornato al suo livello pedalando con i primi per due settimane, restando ai piedi del podio. Nella terza settimana un paio di giorni di crisi lo spingono fuori dalla top 10, ma vederlo lottare per la generale, come ha detto lui stesso, è sicuramente una vittoria, ancor di più se si considera che i problemi al gomito non erano ancora risolti, visto che si è dovuto sottoporre a una nuova operazione al termine della stagione, per evitare il rischio di cancrena.

10. Guillaume Martin (Cofidis): La sua prima stagione nel World Tour dimostra che a questo livello ci può stare eccome. Già nelle prime corse in maglia Cofidis, di cui è l’uomo di punta quando la strada sale, ottiene dei buoni risultati con un terzo e un quarto posto a Faun-Ardeche Classic e Royal Bernard Drome Classic, che sono un indizio di quello che sarà la sua stagione. Al Tour de l’Ain e al Giro del Delfinato pedala sempre con i migliori in salita, arrivando a chiudere il podio della generale nella corsa World Tour arrivando dunque al Tour con grandi ambizioni. Sulle strade della Grande Boucle continua a far parte costantemente del gruppo dei migliori, restando a lungo anche sul podio virtuale. Poi una caduta finisce col condizionarne le prestazioni fino a portarlo ad arrivare a Parigi in undicesima posizione, rimandando all’anno prossimo il sogno top 10. Anche Liegi-Bastogne-Liegi e il mondiali di Imola lo vedono arrivare qualche posizione oltre la top 10, mentre torna ad essere grande protagonista alla Vuelta. Dopo aver perso terreno nelle prime tappe decide di andare all’attacco quasi ogni giorno, dominando la classifica degli scalatori e vincendo la maglia a pois. Non arriva invece una vittoria di tappa che per lui era quasi diventata una questione di principio vista la caparbietà con cui ha insistito nelle sue azioni, ma la sensazione è che la sua progressione non sia ancora terminata. Intanto, però, possiamo già dire che la scommessa della Cofidis è vinta.

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