Doping, Johan Bruyneel torna a parlare del caso Armstrong: “Lance non ha fatto più degli altri. Nel ciclismo ogni grande campione è sempre stato il migliore della sua generazione, e Lance non fa eccezione”

Ancora una volta, Johan Bruyneel torna a parlare di Lance Armstrong. L’ex direttore sportivo della US Postal, la squadra nella quale correva il texano vincitore (prima della squalifica) di sette Tour de France di fila, ha rilasciato una lunga intervista ad Eurosport nella quale, inevitabilmente, è al centro del discorso l’ormai famigerato caso Armstrong, costato a lui una squalifica a vita e al suo pupillo l’annullamento di buona parte dei risultati della sua carriera. L’ex dirigente belga, ripetendo alcuni concetti già espressi in passato, ammette le proprie responsabilità ma ribadisce ancora una volta che lui e Armstrong non erano gli unici ad utilizzare il doping in maniera sistematica, anzi altri corridori avrebbero fatto anche di peggio. Nonostante ciò, secondo Bruyneel, lui e l’ex corridore statunitense sono stati gli unici ad essere puniti e demonizzati.

Il personaggio di Lance è stato assassinato – ha dichiarato il belga – Questa demonizzazione collettiva è facile da fare, ma impossibile da annullare. È difficile da accettare, soprattutto perché c’è stata un sacco di ipocrisia. Doping o no, nella storia del ciclismo, ogni grande campione è sempre stato il migliore della sua generazione. E Lance non fa eccezione a questa regola“.

Dopo Lance, nel ciclismo non è cambiato niente – prosegue Bruyneel – Sì, il ciclismo alla fine è cambiato, ma non grazie al caso Armstrong. Ciò che ha permesso di andare avanti è stata l’evoluzione dei metodi di rilevazione, l’introduzione del passaporto biologico, una serie di misure che hanno reso più difficile e meno vantaggioso doparsi. Quando l’EPO apparve per la prima volta, era il contrario. I benefici erano impressionanti e non si veniva beccati. Non è stato Lance a inventare questo. Tutto era già in atto prima di lui ed è continuato dopo di lui“.

Lance non era l’unico – ribadisce ancora una volta l’ex direttore sportivo della US Postal – L’USADA ha detto che è stato il più grande sistema di doping nella storia dello sport. Dire queste cose è una schifezza! Abbiamo visto di peggio, in Russia o nella Germania dell’Est. Lance non ha fatto più degli altri. Arriverei persino a dire che ha fatto molto meno, soprattutto rispetto ai corridori che sono stati beccati nell’Operacion Puerto, con il dottor Fuentes. Mayo, Basso, Ullrich, Hamilton, ecc, che erano i principali avversari di Armstrong. Lance usava ancora il vecchio modo. Estraeva il sangue e se lo reiniettava dopo tre settimane. Fuentes, d’altra parte, aveva un sistema di macchine che permetteva al sangue di essere conservato più a lungo. In termini di programmazione, era molto più comodo”.

Infine, il 56enne ammette che gli piacerebbe tornare nel ciclismo, ma è consapevole che ciò non è possibile: “Sono sospeso a vita e non vedo chi potrebbe invertire questa decisione. Ci sono almeno due persone che sono i due grandi ostacoli per una possibile riabilitazione: Christian Prudhomme, il direttore del Tour, e David Lappartient, il presidente dell’UCI. Entrambi dicono di non voler sentire il nome di Armstrong. Ma sono ipocriti, perché poi non esitano a farsi i selfie con altri personaggi… ma è tutta politica. Non conosco Lappartient personalmente, ma da quello che ho capito, il ciclismo non gli interessa più di tanto. È soprattutto un mezzo per raggiungere i suoi fini politici“.

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