Caso Froome, Chris capovolge il dilemma: “È vero che avrei potuto fermarmi, ma per quanto tempo?”

L’incertezza condiziona in tutte le direzioni. Da quando è venuta fuori la sua positività al salbutamolo, a Chris Froome è stato sostanzialmente chiesto di autosospendersi, o che fosse la Sky a farlo, nel nome del bene del ciclismo. L’idea di averlo alle corse non piace praticamente a nessuno, dai suoi colleghi agli organizzatori, passando per le istituzioni e per gli appassionati. Qualcuno lo difende, sia chiaro, in tutte queste categorie, ma la voce che sembra andare per la maggiore è quella che chiede al Keniano Bianco di restare fermo finché la questione non verrà chiarita.

Per trasparenza, per evitare ulteriore confusione, per giustizia ed eguaglianza. Ognuno ha i suoi motivi. Così come anche lui ha i suoi. Sin dal suo esordio stagionale il britannico sta cercando di dare anche il suo punto di vista, sia pubblicamente che privatamente, in particolare ai suoi colleghi. Lo ha fatto anche ieri alla Tirreno – Adriatico, a margine della conferenza stampa di presentazione della corsa e dei suoi favoriti, di cui chiaramente fa parte.

Come sempre pacato nei modi e nelle parole, qualità che malgrado tutto gli vengono sempre riconosciute, Chris Froome sostanzialmente capovolge la questione, che giustamente lui vede da una prospettiva ben diversa da quella degli altri. Riassumendo (e semplificando, come ogni riassunto), gli si chiede di fermarsi perché l’incertezza nei tempi potrebbe far sì che sarà al via di corse che potrebbe vincere per poi essergli revocate. Dall’altro lato, la stessa impossibilità di determinare le tempistiche è anche ragione per la quale lui non si ferma.

“Sono consapevole che non è una buona situazione per nessuno – ha commentato ieri ai giornalisti presenti – So che non è una buona situazione per il nostro sport, ma non lo è per nessuno. Ci sto lavorando duramente per far sì che sia risolto il prima possibile. Dimostrerò che non ho fatto niente di illecito. È vero che avrei potuto fermarmi, ma per quanto tempo? Per quanti mesi, qualcuno lo sa?”

Interrogativi che restano aperti ovviamente, visto che la stessa risposta è stata reclamata da più parti, con lo stesso David Lappartient che ha ammesso come le tempistiche non le conosce neanche lui. Il francese è presidente dell’UCI da troppo poco tempo per dargli colpa anche di questo, ma resta chiaro come il problema reale qui è l’incertezza, attorno alla quale ruota tutta la questione.

Fosse anche solo per evitare il trambusto che la questione sta ponendo, dando ancora una volta un messaggio sbagliato (specialmente tramite i media generalisti), è chiaro che sarebbe preferibile che Froome non corresse. Ma se da un lato sarebbe un grosso problema vederlo correre (e magari vincere, per poi perdere) sub-judice alcune grandissime corse, il punto di vista del Keniano Bianco è chiaro. Parafrasando, ‘io mi posso anche fermare, ma se la questione non si risolve in tempo e io poi vengo assolto, chi mi ridà le vittorie che avrei potuto ottenere?’

Froome ci ha in ogni caso messo del suo nella questione, ma il problema è ben più grande. Ancora una volta ci ritroviamo un po’ tutti smarriti perché non c’è un regolamento chiaro che definisca tempistiche, sanzioni e compagnia danzante. Come se tutto questo non fosse già successo con altri corridori… Come se il ciclismo non avesso un passato dal quale dover prendere le distanze in maniera netta. L’impressione quando ci si trova di fronte a queste situazioni è che non sia stato davvero fatto tutto il necessario per regolamentare e mettersi in qualche modo al riparo da ambiguità.

Un commento

  1. Possibile che dirigenti di livello altissimo non siano in grado di regolamentare in modo chiaro, trasparente, inequivocabile, quattro leggi???? A distanza di sei mesi stiamo ancora nel buio più totale, il tutto a discapito del ciclismo. Mi domando e vi domando una cosa, i dirigenti hanno a cuore questo sport, o per loro quello che per noi è pura passione, è soltanto busines???

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