Caso Froome, l’UCI spiega la propria procedura

In seguito alle numerose polemiche sul Caso Froome, l’UCI cerca di far chiarezza sulle proprie regole. Criticata da molti, a partire da Tony Martin, per la mancata comunicazione della positività del Keniano Bianco e della conseguente mancata sospensione dall’attività, la federazione internazionale rilancia oggi il proprio regolamento, applicabile al caso specifico. Un intervento che segue quanto fatto anche nei giorni scorsi, quando un rappresentante telefonò a Tony Martin per dei chiarimenti, con il tedesco che si è dunque successivamente scusato pubblicamente, ammettendo come non vi fossero stati favoritismi in favore del corridore britannico e della Sky.

“Nell’interesse della trasparenza e per evitare qualsiasi fraintendimento, l’UCI vuole ribadire acluni concetti base applicati nel regolamento antidoping”, si legge dunque nella nota pubblicata oggi, che estrapola alcuni dei punti cruciali in questo caso dal proprio regolamento.

“Un risultato anomalo non è necessariamente una violazione del regolamento antidoping”

Ricordando come quella di Chris Froome sia un “risultato anomalo” e non una positività, l’UCI dunque sottolinea come “un risultato anomalo non è necessariamente una violazione del regolamento antidoping” per cui “la presenza di una sostanza proibita” può essere anche causata da altri fattori esterni al doping, come nel recente caso di Michael Bresciani, sospeso per soli due mesi dopo che l’UCI ha valutato il suo caso come assunzione involontaria.

Una volta riscontrata la positività dalla CADF (Fondazione AntiDoping Ciclismo) viene avvertito il LADS (Servizio Legale AntiDoping), una unità indipendente dell’UCI che si occupa di fare una prima analisi della documentazione relativa a questo risultato anomalo per poi notificare il corridore, la federazione nazionale e l’agenzia nazionale antidoping di riferimento, oltre che l’AMA (Agenzia Mondiale Antidoping). Viene contemporaneamente avvisata anche la dirigenza UCI, ma per il momento non viene preso dunque nessun provvedimento.

“Le Sostanze Specifiche come il Salbutamolo non prevedono la sospensione”

A quel punto il corridore ha facoltà di chiedere le controanalisi e se ne attende l’esito. Una volta ricevuto un eventuale esito di conferma (in caso contrario si ferma tutto, e il corridore viene automaticamente scagionato), o se il corridore non dovesse chiedere l’analisi del campione B, il LADS chiede spiegazioni al corridore. Viene conseguentemente aperta una procedura disciplinare, che nel caso delle “Sostanze Specifiche“, come è il salbutamolo, “non prevedono la sospensione (in quanto l’AMA ritiene che queste sostanze siano state più probabilmente usate per altri scopi, piuttosto che il miglioramento delle prestazioni)”. Se il corridore o la squadra lo ritengono, come fu fatto in casi simili, a partire da quello di Diego Ulissi, vi è la possibilità di autosospendersi e questo periodo di stop volontario sarà poi dedotto dall’eventuale squalifica successiva, ma in questo caso la Sky ha lasciato correre il suo corridore, anche qui non senza polemiche, da parte in primis di Brent Copeland.

Perché il caso non è stato reso pubblico dall’UCI

Se vi è sospensione da parte dell’UCI, vi è anche comunicazione pubblica ufficiale, altrimenti la questione viene successivamente resa pubblica dall’UCI “solamente se il Tribunale Anti-Doping dell’UCI riscontra una effettiva violazione del regolamento AntiDoping”. Se invece il Tribunale dovesse scagionare il corridore “quest’ultimo ha il diritto di richiedere che la questione non sia resa pubblica”. In questo caso, Chris Froome non era stato sospeso e la decisione del Tribunale non è ancora arrivata, quindi il regolamento non imponeva all’UCI di rendere pubblico il risultato anomalo di Chris Froome.

“Se l’esistenza di un risultato anomalo viene reso pubblico da una terza parte prima che il tribunale AntiDoping dell’UCI abbia preso la sua decisione – si legge ancora – l’UCI pubblica una nota in cui si conferma l’esistenza di questo risultato anomalo e la sostanza riscontrata, chiarendo che il corridore non è stato provvisoriamente sospeso”. Questo dunque il caso specifico, con le prime rivelazioni che erano infatti arrivate da The Guardian e Le Monde, portando alla conferma di Team Sky e UCI.

Quanto rischia ora Froome?

Infine, la sanzione può andare da un semplice richiamo fino a quattro anni di squalifica, “in base alla natura della sostanza alla quale il corridore è risultato positivo e alle circostanze specifiche del caso, in particolare il livello di colpa o negligenza del corridore”.

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