Bardiani-CSF, la soddisfazione di Bresciani per la squalifica breve: “Riconosciuta la mia onestà”

Michael Bresciani tira un sospiro di sollievo. In data odierna l’UCI ha infatti ufficializzato la conclusione delle indagini riguardo la sua positività al fuorosemide, scagionandolo dalle accuse di assunzione volontaria. Il corridore è stato dunque squalificato per soli due mesi, peraltro già scontati vista la autosospensione decisa con la squadra, per negligenza, in assenza di colpa significativa. Come ogni atleta, il corridore è responsabile di ciò che assume, ma le autorità hanno dunque creduto alla sua versione e alla documentazione fornita, permettendogli dunque di tornare a correre con effetto immediato.

“Sono molto soddisfatto che l’UCI abbia compreso e accettato ogni mia spiegazione su come la sostanza potesse essere finita nel mio corpo – commenta il corridore in una nota –  Sono altrettanto felice perchè è stata riconosciuta la mia onestà. Ero certo di non aver fatto nulla con dolo, ma nonostante questo ho vissuto mesi molto difficili e lo stesso ha passato la mia famiglia. Mia madre, purtroppo già molto provata dalla malattia, era distrutta dal senso di colpa. Questa è la fine di un incubo. Possono finalmente mettermi tutto alle spalle e concentrarmi solo sulla bicicletta e la stagione che sta per cominciare”.

La vicenda che ha coinvolto Bresciani ha portato con sé un notevole danno d’immagine per il ragazzo che ora, come spiega il suo legale Avvocato Filippo Martini, può ora essere pubblicamente riabilitata. “Il testo Acceptance of Consequences, sottoposto dall’UCI e firmato da Michael a chiusura della vicenda, fa riferimento a due precisi articoli del codice antidoping, molto importanti per comprendere appieno la sua piena innocenza. Il 10.2.2, che indica la sospensione di due anni per il tipo di sostanza individuata in quantitativo del tutto minimale, Furosemide di categoria S5, non classificata come dopante ma diuretica, proprio come il principio attivo delle medicine che la madre di Michael assume per curare la propria malattia e che, evidentemente, hanno involontariamente contaminato cibi o utensili da cucina. L’articolo 10.5.1.1, che prevede la possibilità di ridurre la sanzione dal mero richiamo al massimo di due anni, nel caso in cui sia accertata l’assenza di negligenza o di colpa significativa non solo in capo all’atleta ma anche in capo a terzi”.

Riassumendo, “è corretto affermare che in un range da zero a due anni, la sospensione di due mesi inflitta a Michael, peraltro  autosospeso dall’11 agosto, sia la misura minima prevedibile, ossia la prova provata e il riconoscimento che è assolutamente non colpevole di quanto accaduto”, come sottolinea il legale di Bresciani.

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